Il Ponte non sfiorerebbe lo Stretto di Messina, ridurrebbe l’inquinamento e l’ambiente prevale sul paesaggio.

Il tribunale ha dato ragione al privato contro la Soprintendenza. Il cambiamento climatico cambia anche l’orientamento dei giudici.

Le cronache di mezza estate, abbondano di vivaci polemiche sulla realizzazione di nuovi parchi eolici o fotovoltaici a sud e a nord della penisola. Quella più  recente, ha per oggetto la costruzione di due campi eolici nella Maremma Toscana ed ha suscitato la rivolta di residenti, amministratori, vip, cacciatori, ambientalisti, proprietari di seconde case, ecc. seguita  dall’immancabile  crociata dell’ onnipresente  sottosegretario  Sgarbi, a onor del vero, da sempre fieramente contrario a tali installazioni nella strenue difesa del bel paesaggio italiano.

La vicenda, in sé, potrebbe essere annoverata tra le stanche ritualità che vivacizzano il  dibattito estivo e, in quanto tali, destinate rapidamente ad esaurirsi; se non fosse che, ad una lettura meno superficiale, emergono due aspetti che dovrebbero destare una qualche attenzione.

Il  primo,  è che la strategia energetica nazionale in attuazione del REPowerEU –  la strategia europea per l’indipendenza energetica – prevede di realizzare massicci investimenti nel campo delle rinnovabili in quanto, secondo autorevoli studi, in Italia occorrerebbe costruire 9-10 GW/anno di fotovoltaico e circa 7 GW/anno di eolico per 6-7 anni, oltre ad un certo numero di piccoli invasi, per evitare il ricorso ai combustibili fossili per la produzione elettrica. A tale strategia, come è noto, sono legate alcune importanti linee di finanziamento del PNRR ragion per cui con tali conflitti dovremo inevitabilmente fare i conti.

Il secondo, il più insidioso, è legato ad una recente sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale della Campania che  ha respinto il ricorso proposto dal Ministero della Cultura contro la realizzazione, da parte di una impresa energetica spagnola, di un impianto fotovoltaico “a terra” su un’area di circa  310.000 mq. Niente di nuovo – si direbbe –  se non per il fatto che,  per la prima volta,  la tutela  paesaggistica espressa dal diniego della Soprintendenza, è risultata soccombente rispetto alla esigenza, ritenuta evidentemente prioritaria,  di realizzare l’opera per il suo alto contenuto ambientale. Tale inedita conclusione sarebbe stata  resa possibile dalla modifica introdotta all’art. 9 della Carta Costituzionale la quale,  da circa un anno, prevede  anche la tutela dell’ambiente, accanto a quella del paesaggio già contemplata nella originaria formulazione dei padri costituenti. 

La sentenza che  nega in qualche modo  il valore prevalente della tutela paesaggistica rispetto a quella ambientale, verrà prevedibilmente impugnata.  Tuttavia, nel frattempo, ha  prodotto effetti   di non poco conto  come quello della frattura  che dilata la sottile linea di demarcazione che separa paesaggio e ambiente. Frattura che ha anche visto schierarsi su opposti fronti    le stesse  associazioni ecologiste le quali, almeno sulla lotta ai cambiamenti  climatici,  sembravano marciare abbastanza compatte.  Legambiente, Wwf e Greenpeace risulterebbero infatti  al momento schierate per sostenere  le  esigenze della transizione energetica – cioè  in definitiva per l’ambiente generalmente inteso – mentre   Italia Nostra,  gli Amici della Terra, il Cai, ecc. parteggiano per la tutela del paesaggio……
Fonte: Umbria24

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